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Depsicologizzare la psicologia: un modo per migliorare la nostra vita

“Ciao come stai?” – “Sai, oggi mi sento davvero depresso”.

“Allora, sei pronta per l’esame?” – “Guarda, oggi provo un’angoscia terribile”.

“Ieri come hai visto Matteo?” – “Guarda, Matteo è completamente sbarellato, sicuramente è bipolare fino al midollo”.

Smettiamola con questo linguaggio psicologico fatto a caso. É come se vedendoti zoppicare e ti chiedessi:

“ciao come stai, stai morendo?”.

Lo so, sembra un’esagerazione, ma seguimi fino alla fine perché questa storia del “linguaggio psicologico”, ha degli effetti su di noi, sulle persone che ci stanno accanto e su tutta la società e ti spiegherò anche come modificare questo atteggiamento per migliorare la tua vita: quindi cerca di leggere fino alla fine.

Anche tu utilizzi delle etichette? Utilizzi le parole: depresso, ansioso, bipolare, schizofrenico, pazzo, matto?

Quante volte hai sentito utilizzare queste terminologie da parte di chi non è un addetto ai lavori e a volte anche da parte di chi è addetto ai lavori? Lo so, la prima cosa che viene in mente e che bisogna stare attenti, perché le parole sono importanti come diceva Nanni Moretti e aveva ragione; le parole modificano la realtà.

Andiamoci piano, fino a un certo punto modificano la realtà, quindi non è propriamente così, sicuramente le parole contano, ma ci sono degli aspetti ancora peggiori che in parte sono legati al modo con il quale utilizziamo il linguaggio, ma ancora di più al modo con il quale concettualizziamo la realtà che ci circonda.

Mi raccomando, se ti piacciono questi argomenti, se ti piace questa tematica, seguimi fino alla fine perché è un po’ più complicato di quanto possa apparire.

Partiamo dalle cose “peggiori” e te lo scrivo con il sorriso perché come vedrai non sono così peggiori.

La prima è che, nonostante ci possa sembrare un buon modo quello cioè di utilizzare i termini psicologici per far conoscere la psicologia, molte volte è il modo peggiore di farlo.

Quando utilizziamo delle etichette diagnostiche della psicologia, in realtà non stiamo facendo una buona psicologia, ma stiamo spesso utilizzando delle etichette nel posto sbagliato un po’ come etichettare il sale con il pepe e viceversa perché in realtà queste parole possono dare un’immagine distorta di cosa siano realmente le problematiche psicologiche o psicopatologiche.

Se sei triste, non sei depresso; se ti agiti facilmente non sei ansioso, se ti arrabbi spesso non sei bipolare, non sei borderline ecc

Certo, potresti essere in tutte queste cose o meglio rientrare in queste categorie, ma l’emozione di fondo non ti descrive, cioè, le emozioni che provi, non ti descrivono e non ti classificano in alcun modo all’interno di alcuni cluster sindromici (perdona le parolacce tecniche).

Quindi, scusami, ma quelle parole che cosa descrivono?

In realtà descrivono “altro” e noi dovremmo piuttosto imparare che cosa descrivono realmente. Se proprio vogliamo o dobbiamo utilizzarle nella nostra quotidianità, stando attenti però che quelle parole sono semplicemente delle etichette che ci servono per indicare che cosa sta dentro che cosa, non sono qualcosa che esiste, cioè, lascia che mi spieghi meglio, esistono varie gradazioni di molte psicopatologie ed alcune di esse sono davvero sfumate con quelle che riguarda la normalità, esistono invece psicopatologie che sono più nette ad esempio quelle che ho descritto come il bipolarismo, la schizofrenia, la vera depressione maggiore, sono malattie davvero nette rispetto alla tristezza, rispetto all’essere un po’ agitati o ad avere diciamo così la “luna storta”; spesso una persona bipolare non è una persona lunatica. Ok?

Un altro aspetto negativo dell’utilizzo erroneo di terminologie psicologiche è quello legato allo stigma; la gente purtroppo non sa distinguere tra tristezza e depressione e non conoscendo davvero la loro esperienza con questi termini, dobbiamo stare particolarmente attenti. Per alcune persone, non cambia assolutamente nulla se ti sentono dire che sei depresso perché magari ha perso la tua squadra del cuore, ma per altre persone, coloro le quali magari hanno avuto quella patologia o sono cresciute con una persona che l’aveva, ecco, per loro, non è tanto bello sentirtelo dire, perché sapendo bene che cosa significa essere realmente depressi, per queste persone è un po’ come se tu stessi minimizzando qualcosa, è un po’ come se tu stessi dando dell’handicappato ad una persona perché non riesce a fare un passaggio a calcio. Certo potrebbe scapparti, ma se quella persona ha un fratello down oppure se c’è una persona down presente?

Stiamo sempre più attenti a questo tipo di linguaggio; in questo caso non è una questione di attenzione sociale e di inclusività che è un discorso interessantissimo, ma è un discorso ancora più profondo, il fatto che queste parole possano creare determinate realtà, che possano creare dei veri e propri problemi psicologici, magari non specificatamente uno schizofrenico oppure un bipolare, ma di certo, possono creare grosse difficoltà a quella persona.

Ora voglio alleggerire immediatamente tutto quello che ho raccontato fino adesso scrivendoti di una storiella che narra spesso Marcel Rosemberg, il padre della comunicazione non violenta nonché famosissimo allievo di Carl Rogers il quale ci racconta di essere sempre stato un tipo rabbioso, aggressivo e che, prima di studiare psicologia, aveva un modo tutto particolare di arrabbiarsi; dice: “Mentre ero in macchina, ero tutto arrabbiato e quando qualcuno mi tagliava la strada gli dicevo: Imbecille, stupido, dove hai preso la patente ecc”.

Rosemberg, racconta che dopo aver studiato psicologia ed aver preso l’abilitazione per fare lo psicologo continuava comunque ad arrabbiarsi, ma invece di urlare quelle cose, urlava: “Sei uno psicopatico, sei un bipolare, fatti vedere da uno bravo!”.

Ebbene, potremmo chiamare questa tendenza effetto Rosemberg, se non esistesse già un effetto simile in psicologia. Per capirci meglio quindi dobbiamo stare attenti anche a chi avesse studiato psicologia o dovesse studiare psicologia come campo integrativo, perché è medico, perché un infermiere, perché è un assistente sociale o semplicemente chi di voi sta facendo magari il liceo delle scienze umane; probabilmente avrà la bocca piena di terminologia psicologica e bene, dobbiamo stare attenti a come la utilizziamo per incasellare le persone intorno a noi e anche per incasellare noi stessi.

Perché dovremmo stare attenti? Perché usare linguaggio psicologico a sproposito porta ad un altro problema intimamente legato con gli aspetti linguistici, cioè la creazione di frame mentali che conducono a profezie che si auto avverano. Ok sembrano supercazzole, ma non è così difficile da capire; in altre parole se continui a dire a tuo figlio che è un ansioso perché magari lo vedi spesso preoccupato, agitato e ritieni che quella preoccupazione o quella agitazione sia eccessiva, tu la ritieni in questo modo, non tuo figlio; ecco che tu inizierai ad interpretare ogni suo comportamento un po’ agitato come se fosse il segnale che sia realmente agitato e cercherai di calmarlo e nel fare questo, lo agiterai per davvero e farai in modo che quella persona, quel bambino, inizi ad interpretare egli stesso ogni piccolo movimento interiore come qualcosa che non sta andando bene, come segnale del fatto che è una persona ansiosa, ed indovina? È possibile che nel tempo inizi ad avere realmente paura di provare certe sensazioni, certe emozioni, perché gli confermano il fatto che ansioso e ciò potrebbe renderlo davvero tale.

Ci si può arrivare comunque da soli a questa conclusione.

Ok Carlo, però, non puoi dirmi che se dico che un tizio è schizofrenico e bipolare, questo possa generare quella patologia che oltretutto è una patologia grave, giusto?

No, assolutamente no, ma è possibile che possa incorrere in problematiche anche gravi legate alla creazione di quel frame e purtroppo ne abbiamo tante prove, ma c’è un esempio molto semplice: è la tecnica del gas-lighting (così si identifica), una forma di manipolazione mentale che viene perpetrata al fine di far sentire un’altra persona sbagliata. Avviene spesso nelle coppie, come quando ad esempio lui o lei fanno finta che l’altra persona abbia dei reali problemi per manipolare questa persona, magari facendogli credere di aver dimenticato una pentola sul fuoco, quando non è così o di dire cose strane durante il sonno ecc 

In altre parole, dato che ognuno di noi è davvero “vacillante” con questo equilibrio particolare che è la nostra psicologia è facile metterla in discussione quando si parte dal campo della psicologia; in altre parole, abbiamo fatto tanta fatica per renderlo scientifico e fare in modo che sia qualcosa di importante parlare di questa materia e allo stesso tempo la utilizziamo male e la utilizziamo più per puntare il dito contro gli altri e per far finta di aver capito che cosa pensino le altre persone, ma tutto ciò non fa così bene alla psicologia stessa. Noi dovremmo utilizzare gli studi della psicologia per parlare di come funziona l’essere umano, dei meccanismi dell’essere umano al di là delle etichette e dei vari nomi della psicologia.

Certo, spesso uso terminologia tecnica, ma è normale, mi viene più facile utilizzarla, tuttavia dovremmo stare attenti al di fuori di un circolo di appassionati di psicologia o di terapeuti o al di fuori in generale, perché la problematica è davvero molto più concreta di quanto ci possa apparire e il motivo è molto semplice, è il fatto che siamo tutti un po’ psicologi. Lo so, se sei un mio collega o uno psicologo/psichiatra, probabilmente sei caduto dalla sedia perché soprattutto gli psicologi usano questa terminologia per riferirsi a degli eventi specifici.

Come sai, una delle forme peggiori di psicologia è quella di credere che siamo tutti un po’ psicologi, che equivale a dire: “Dato che tutti sappiamo parlare, siamo tutti dei bravi comunicatori o siamo tutti dei linguisti o degli esperti di grammatica ecc”.

Oppure, dato che molti sappiamo correre siamo tutti dei runner; è vero, tuttavia dobbiamo ammetterlo, esiste un briciolo di verità in questa faccenda, cioè, noi siamo costantemente nella testa dei nostri interlocutori ed alcuni di noi sono spiccatamente più bravi a cogliere delle variabili psicologiche nel prossimo ed anche se sotto sotto chi non fa il mio mestiere e anche chi fa il mio mestiere probabilmente sa che quelle sono facili interpretazioni, dobbiamo farci particolare attenzione perché nel momento in cui creiamo quell’etichetta, quella categoria, tendiamo a crederci e vuoi sapere la cosa ancora meno divertente? È che se non confuti quell’etichetta, quella categoria, essa si rafforza inconsapevolmente. In altre parole, se pensi che Mario, il tuo vicino di casa, sia uno psicopatico, anche se tu dai quest’etichetta una volta perché vedi un certo comportamento e poi non te ne preoccupi più, dentro di te continuerai ad utilizzare quell’etichetta come una cornice per interpretare ogni singolo comportamento di Mario, senza che tu te ne renda conto. Questo è lo stesso meccanismo che accade per il pregiudizio e per la creazione degli stereotipi. Studiamo queste Robe da un sacco di tempo, per cui, conosciamo come funzionano questi meccanismi, dunque ripetiamo ancora una volta questa roba qua; il fatto che siamo un po’ tutti psicologi, che riusciamo ad intuire la psicologia dell’altro e magari siamo appassionati di psicologia, non è vero. Ecco, dato che siamo appassionati di psicologia, possiamo cadere facilmente in interpretazioni sbagliate e lo fanno anche i migliori psicologi, figuriamoci chi non è psicologo.

Magari potremmo fare una “roba” del genere: “Guarda, si vede che quel ragazzo ha dei problemi con le donne, lo sanno tutti che avuto un pessimo rapporto con la madre presente”. Tutto ciò non significa che tu non possa avere profonde intuizioni psicologiche, ma se usi il nostro linguaggio, rischi di rovinarle così come spesso le rovinano i professionisti.

Tutto ciò mi ricorda ancora un mio vecchio professore che era uno psichiatra il quale facendo giri nei reparti dell’ospedale di Padova si soffermava magari davanti a un uomo e leggendo la sua cartella clinica diceva qualcosa del genere: “Blah Blah Blah Blah Blah Blah”

C’è scritto: “Uomo soffre di insonnia” e chi è che ha scritto questa cartella? Io professore; bene e dov’è che ho visto l’insonnia è lei o l’ha dichiarato lui? Ok, l’ha visto dormire, sì? L’ho visto dormire e allora perché non scrive che fa fatica ad addormentarsi? No “insonnia”, io l’insonnia non la vedo da nessuna parte. Questo professore che si chiamava Ferlini, aveva tutta la ragione del mondo e apparteneva ad una scuola psichiatrica o meglio ad una scuola filosofica della psichiatria che viene denominata fenomenologia cioè si basa su ciò che si vede e non su ciò che noi pensiamo si dovrebbe vedere cioè si basa sul fatto che quella persona abbia dormito o meno e non sul fatto che sia insonne o meno

Un altro aspetto da considerare per questa faccenda e quello che noi chiamiamo tecnicamente analisi del comportamento che è una roba abbastanza semplice da capire ma che la gente spesso confonde con la serie tv “Lie to me”, immaginando che gli psicologi, osservando i comportamenti verbali e non verbali possono conoscere i pensieri intimi di una persona possano leggerti nella mente. Ovviamente le cose non stanno così, te l’ho raccontato un sacco di volte, per fare sempre la persona poco umile per flexare vi dico che conosco molto bene il lavoro di Hackman, l’ho scoperto il mio primo anno di università 25 anni fa (più o meno). Che ho fatto un sacco di robe, ho preso molte certificazioni ecc, non solo, ho svolto numerosi training in questa faccenda, se cerchi i miei articoli scrivi “non verbale”, trovi davvero di ogni tipo e infine per aggiungere un altro pezzettino di poca umiltà uso questi strumenti in psicoterapia come l’ipnosi Erikssoniana i quali hanno diciamo così reso noti questi strumenti e queste metodologie di osservazione del comportamento umano tutto questo per dirti che no, non è vero che tu possa comprendere la vera ragione di un comportamento osservandolo, cioè limitandoti a guardarlo senza chiedere, senza interpretarlo con altre informazioni contestuali e personali.

Certo se vedi un tizio che si alza in piedi, ti fa il dito medio e viene davanti con un pugno di fronte al tuo viso, non hai bisogno di essere Ekman per interpretare sul linguaggio ma in generale non possiamo interpretare da un piccolo gesto che una persona fa davanti a noi ciò che realmente sta pensando, questo crea dei bisticci mentali giganteschi, di nuovo perché se tu ti illudi di aver capito quel comportamento inizierai a pensare ad interpretare ogni altra mossa di quel comportamento sulla scia di quella prima interpretazione e ci ritroveremo nuovamente in una profezia che si auto determina.

Ora di queste cose ne abbiamo parlato tante volte ci sono altri miei articoli specifici dove mi sono impegnato a descrivere gli errori dell’interpretazione del comportamento non verbale ciò significa che uno non dovrebbe studiarlo? No, certo, è utilissimo, fa bene capire meglio come comunicare e come gli altri comunicano, ma dobbiamo stare attenti a non creare delle etichette.

Questa roba ha una doppia faccia e adesso te la racconto: quando non conosciamo bene una persona il nostro sistema di interpretazione immediata della realtà ci dà un’idea frammentaria ed immediata, cioè non possiamo fare a meno di inserire quella persona in una categoria. Certo, se i segnali sono molto evidenti, spesso ci possiamo anche beccare e a volte ci può salvare la vita come ti ho descritto prima col tizio che arriva col pugno di fronte al tuo muso ma in generale al nostro sistema di protezione non gliene frega niente di esagerare con l’idea di minaccia c’è di farti sentire realmente minacciato anche se in realtà non lo sei.

Per cui, tale sistema arriva immediatamente alle conclusioni: meglio sbagliarsi e di molto piuttosto che prendere un pugno nel volto, oppure essere realmente aggrediti, dunque tendiamo a cadere in queste confusioni mentali quando non conosciamo una persona perché siamo bravissimi a giudicarla da pochissimi – pochissimi elementi, anzi, pare che siamo più bravi a giudicare una persona in questo modo, allo scoccare delle dita, piuttosto che invece quando abbiamo più elementi, ma in realtà c’è sempre una via di mezzo; non siamo così bravi come pensiamo di essere.

Perché ancora una volta quella è una interpretazione al volo di macro segnali di minaccia oppure diciamo così di curiosità che ci vengono “imposti” immediatamente da questo sistema di protezione dalla minaccia e dunque sarà molto più propenso a vedere le minacce o il nuovo, come avete letto magari in altri miei articoli, ma lo stesso tranello di cui stiamo parlando può venire con persone che conosci e che conosci molto bene ed il meccanismo è molto simile, anzi è lo stesso, quello del risparmio energetico. Ma mentre nel primo caso crei immediatamente un’idea per difenderti, appunto per risparmio energetico, in quest’altro caso ti attacchi alle idee, cioè rischi di non cambiare i tuoi schemi mentali nei confronti di quelle persone. Moltissimi di noi hanno una valanga di conoscenti ed amici dei quali non hanno approfondito davvero la conoscenza e credono di conoscerli, credono di poter fare un profilo psicologico di quella persona che magari hanno visto 10 volte a cena oppure semplicemente perché hai fatto le scuole medie con le scuole superiori con quella persona, nonostante siano passati vent’anni sei convinta/sei convinto di conoscerlo bene perché tanto le persone non cambiano. Non è vero, se vai ad approfondire bene le questioni ti accorgerai che di certo alcuni elementi di quei tuoi amici sono rimasti simili ma quei tuoi amici come te sono cambiati in base all’esperienza e della loro vita possono essere migliorati o peggiorati oppure semplicemente continuare a essere come sono sempre stati ma tu non lo sai perché abbiamo dentro di noi questo sistema di categorie che resta più o meno fisso e non solo come ti raccontavo prima tende ad auto confermarsi aldilà delle tue intenzioni, aldilà della tua consapevolezza.

Potrei continuare all’infinito perché qua abbiamo preso in argomento solo il modo con il quale categorizzare le persone, però potrei parlare dei meccanismi, delle tecniche, delle modalità che utilizziamo in psicologia. Ad esempio dire ad una persona che sta “proiettando”, dire ad una persona che sta “rimuovendo” o che sta non lo so “evitando” ecc, sono altre modalità per utilizzare a sproposito la psicologia. Se davvero vuoi essere una persona attenta al mondo psicologico degli altri utilizza dei termini descrittivi semplici. Questo allenerà te e le altre persone e anche “migliorerà” il campo della psicologia. Questo è il consiglio più importante che possa darti prima di darti i consigli della settimana.

Primo – evitiamo le etichette e preferiamo le emozioni; evita di usare troppe etichette psicologiche come: ansioso, depresso, schizofrenico, borderline, narcisista. Usa invece le emozioni che vedi in quel momento ed immaginare come dei processi e non come segnali di appartenenza.

In altre parole:

Antonio si arrabbia spesso e non Antonio ha un disturbo intermittente della rabbia.

Francesco si agita di fronte alle situazioni nuove e non Francesco e fobico.

Maria si preoccupa quando le cose non vanno bene e non Maria è paranoica oppure ossessiva e potrei andare avanti all’infinito. Inizia a farlo subito con te stesso con te stessa e noterai la differenza.

Secondo – parti da te stesso. Il modo migliore per capire l’efficacia di questa de-psicologizza azione del linguaggio e iniziare con noi stessi, farlo con noi stessi. Devi sapere che io volevo chiamare de-psicologizzazione questa puntata ma parlandone con un po’ di amici e con i miei colleghi e con i miei soci mi han detto il termine non è così bello, per questo il tema de-psicologiziamo la psicologia. Ecco, inizia da te stesso, nota quanto tu tendi a darti etichette diagnostiche generalizzate di questo tipo e cambiale con gentilezza nei tuoi confronti anche se sei un clinico e magari pensi di avere la tua giusta auto diagnosi. Evitala, utilizza invece dei processi per descriverti. Per chi non lo sapesse, anche le nuove scoperte sulle diagnosi ci dicono che parlare e pensare per processi è molto più utile che farlo per categorie discrete.

Cosa significa per processi? Che devi parlare di cosa sta accadendo: sono arrabbiato e non sono un rabbioso, quindi processo e non la categoria. 

Terzo – si usano le categorie con te de-costruiscile, o smontale con gentilezza – sempre. Se qualcuno ti dice: “ma come sei ansioso”, tu puoi de-costruire la sua interpretazione senza essere maleducato, magari rispondendo: “Si è vero, tendo ad agitarmi spesso quando mi capita XY, cioè smonta con gentilezza ciò che ascolti, questo ti aiuterà come esercizio mentale per diventare più flessibile nella tua mente e nell’utilizzo a tua volta di queste variabili psicologiche.

In termini più semplici linguistici, loro usano dei nomi e tu li trasformi in verbi. Ad esempio Francesco è sempre depresso: sì Francesco si intristisce quando parliamo di X&Y oppure Francesco tenda di intristirsi quando parliamo di X&Y.

Quarto – e quindi quand’è che devo usare le categorie diagnostiche? Chiaramente se sei un mio collega o uno psicologo/psichiatra e vuoi parlare con me di un paziente, la modalità più veloce in assoluto è quella di usare le categorie diagnostiche, tenendo a mente che nessun professionista del settore pensa o dovrebbe pensare che quelle categorie siano delle sentenze, ma sono solo delle valutazioni temporanee del soggetto, delle fotografie, non dei filmati e sono anche delle fotografie molto molto povere di dettagli.

Se tu hai una diagnosi o un tuo parente la possiede, puoi utilizzarla per comunicare con gli addetti ai lavori ma evita di farlo con chi non è del campo, non capirebbe e inizierebbe a creare uno stigma. Lo so bene che in realtà moltissimi clinici, medici e altre persone e personale sanitario e persone che non dovrebbero come educatori, presidi di scuola e professori, cadono continuamente in questo tranello, magari per difendersi, magari per darsi un tono, imparando 2 o 3 termini psicologici, ma noi dobbiamo fare proprio il contrario e se qualcuno nella tua vita usa quei termini, in questa modalità qua e pensa di avere ragione, fagli leggere questo articolo, mi assumo tutte le responsabilità: che sia uno psichiatra e uno psicoterapeuta, un professore, non lo so, il presidente degli Stati Uniti, fagli leggere questo articolo perché ti assicuro che de-psicologizzare il linguaggio della psicologia ci farà bene e ci aiuterà.

Paradossalmente a comprendere ancora meglio come utilizzare quel linguaggio, perché la psicologia per quanto mi riguarda e meravigliosa ed è l’unico modo per raggiungere un prestige brain.

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